giovedì 2 giugno 2016

Pablo Neruda "Ode all'atomo"



Pablo Neruda è  vissuto in un periodo e in una nazione, il Cile, teatro di molti conflitti. Il poeta, componendo “Ode all’atomo”,  espresse tutte le preoccupazioni di uomini che vissero il dramma della guerra per immortalare indelebilmente gli eventi del 6 agosto 1945, giorno in cui l’aviazione americana sganciò su Hiroshima la prima bomba atomica della storia. Questa poesia esprime, con immagini forti e fantasiose, le ansie e le dubbi che l’uomo nel Novecento ha nutrito nei confronti dell’energia atomica. L’autore al contempo descrive l’atomo come elemento innocente e puro, il cui potenziale distruttivo si libera solamente nel momento in cui nelle mani di uomini crudeli. La consapevolezza della corruzione morale che ha caratterizzato l’uomo del Novecento determina nel poeta un’angoscia esistenziale, che trova la sua dimensione più appropriata in questi versi brevi, ma incalzanti. 


Piccolissima
stella
sembravi
per sempre
sepolta,
e nel metallo, nascosto,
il tuo diabolico
fuoco.
Un giorno
bussarono
alla tua minuscola
porta:
era l'uomo.
Con una
scarica
ti liberarono,
vedesti il mondo,
uscisti
nel giorno,
percorresti
citta',
il tuo gran fulgore arrivava
a illuminare le esistenze,
eri
un frutto terribile
d'elettrica bellezza,
venivi
a affrettare le fiamme
dell'estate,
e allora
giunse
armato
d'occhiali di tigre
e armatura,
con camicia quadrata,
con sulfurei baffi
e coda di porcospino,
giunse il guerriero
e ti sedusse:
dormi,
ti mormorò,
avvolgiti tutto,
atomo, ché sembri
un dio greco,
una primaverile
modista parigina,
adàgiati
sulla mia unghia,
entra in questa cassettina,
e allora
il guerriero
ti mise nel suo gilè
come se fossi soltanto
una pillola
nordamericana,
e se ne andò per il mondo
e ti lasciò cadere
a Hiroshima.
Ci svegliammo.
L'aurora
si era consumata.
Tutti gli uccelli
caddero calcinati.
Un odore
di feretro,
di gas delle tombe,
tuono' per gli spazi.
Ascese orrenda
la forma del castigo
sovrumano,
fungo cruento, cupola,
gran fumata,
spada
dell'inferno.
Ascese bruciante l'aria
e si sparse la morte
a onde parallele,
e raggiunse
la madre addormentata
col suo bambino,
il pescatore del fiume
e i pesci,
la panetteria
e i pani,
l'ingenere
e i suoi edifici,
tutto fu polvere
che mordeva,
aria assassina.
La città
sgretolò i suoi ultimi alveoli,
cadde, cadde d'un tratto,
demolita,
fradicia,
gli uomini
furono d'improvviso lebbrosi,
afferravano
la mano dei figli
e la piccola mano
rimaneva nella loro.
Così, dal tuo nascondiglio,
dal segreto
manto di pietra
dove il fuoco dormiva,
ti trassero,
scintilla accecante,
luce rabbiosa
per distruggere le vite,
per infestare lontane esistenze,
sotto il mare,
nell' aria,
sulle spiagge,
nell' ultimo
gomito dei porti,
per cancellare
i semi,
per assassinare i germi,
per ostacolare la corolla,
ti destinarono, atomo,
a lasciare rase al suolo
le nazioni,
a tramutare l'amore in nera pustola,
a bruciare cuori ammonticchiati,
ad annebbiare il sangue.
Oh folle scintilla,
torna
nel tuo sudario,
sottèrrati
nei tuoi strati minerali,
torna ad essere pietra cieca,
non dar retta ai banditi,
concorri  invece
alla vita, all' agricoltura,
soppianta i motori,
stimola l' energia,
feconda i pianeti.
Non hai piu' segreti
cammina
in mezzo agli uomini
senza maschera
terribile
affrettando il passo
e propagando
i passi della frutta
separando montagne,
raddrizzando fiumi,
e fecondando,
atomo,
straboccata coppa cosmica,
torna alla pace del grappolo,
alla velocità della gioia,
torna al recinto
della natura,
mettiti al nostro servizio,
e anziché le ceneri
mortali
della tua maschera,
anziché gli inferni scatenati
della tua collera,
anziché la minaccia
del tuo terribile chiarore, dacci
la tua sussultante
indocilità
per il bene dei cereali,
il tuo magnetismo sfrenato
per fondare la pace fra gli uomini,
e così non sarà inferno
la tua luce abbacinante,
ma solo felicità,
mattutina speranza,
contributo terrestre. 




Lucrezia Lombardo

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