giovedì 12 maggio 2016

'Tristano muore' di Antonio Tabucchi - Hiroshima, una delle mostruosità dei vincitori



Hiroshima, una delle mostruosità dei vincitori

Tristano è ormai in fin di vita e propone ad uno scrittore i suoi pensieri circa un evento pregnante della storia, l’utilizzo dell’ordigno atomico da parte degli Stati Uniti ai danni del Giappone. La sua visione è  lucida, priva di facili manicheismi: Tristano riconosce la colpa americana e comprende l’impossibilità di una netta distinzione tra bene e male, maturando la consapevolezza di vivere in un mondo dove la verità assume tinte sempre più incerte e sfumate.

“...sai invece quando tutto gli fu chiaro? Quando tutto pareva già chiaro ed era già finito, il sei agosto del quarantacinque. Alle otto e un quarto del mattino, se vuoi sapere l’ora. Quel giorno Tristano capì che il mostro ormai vinto stava lasciando il posto alle mostruosità dei vincitori... era il secondo crimine contro l’umanità di questo allegro secolo che sta finendo... quel mattino la prima atomica utilizzata come arma di distruzione di massa cadde su una città del nostro mondo annientandolo ed incenerendo duecentomila persone. Dico duecentomila, e tralascio le migliaia morte dopo, e quelle nate morte, e tutti i cancri... e non erano soldati, erano cittadini inermi che avevano commesso il delitto di non aver nessuna colpa... C’è un luogo, a Hiroshima, si chiama Gembaku Dom, è un padiglione, vuol dire Cupola atomica, fu l’epicentro dell’esplosione, in quel luogo la temperatura al suolo raggiunse lo stesso calore della superficie solare, vicino al cenotafio con la fiamma della pace c’è un pezzo di pietra, è la soglia della porta di un edificio, una normale soglia della nostre case, dove mettiamo lo zerbino per pulirci le scarpe. Dentro quella pietra, di marmo, mi pare, assorbita come una carta assorbente succhia l’inchiostro, c’è l’impronta di un corpo umano a braccia spalancate. E’ quello che resta del corpo di un uomo che si liquefece sulla soglia di casa sua alle otto e un quarto di quel sei agosto del quarantacinque... Se puoi, fai un viaggio, valla a vedere, è una visita istruttiva... e’ stato detto che quelle vittime furono inutili, la testa del mondo era già stata schiacciata a Dresda e a Berlino, e agli americani per piegare il Giappone sarebbero bastate le armi convenzionali. E’ un errore, non furono affatto inutili, ai vincitori furono utilissime, in quel modo fecero capire al mondo che i nuovi padroni erano loro... la Storia e’ una creatura glaciale, non ha pietà di niente e di nessuno, quel filosofo tedesco che si suicidò in una pensioncina di confine fuggendo da Franco e da Hitler e da tutti e forse anche da se stesso aveva riflettuto troppo su questa dama priva di pietà che gli uomini corteggiano invano, non gli deve aver giovato... nelle sue riflessione scrisse che davanti al nemico, se vince, neanche i morti saranno al sicuro... di qualsiasi nemico si tratti, aggiungerei, anche il nemico dei cattivi, perché’ per essere nemici dei cattivi non si può fare i buoni, tu che ne pensi?... Capisco la tua obiezione, sono stato troppo sintetico, certo che se vinceva il male non c’era più rimedio... ma del bene volevo dire che... insomma... il bene, ecco che il bene ha vinto sul male, solo che c’è un po’ di male di troppo in quel bene, e un po’ troppa imperfezione in quella verità... La verità e’ imperfetta...”





Francesco Mazzone




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1 commento:

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